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Se state leggendo queste parole vuol dire che vi trovate in quello che è stato definito, da qualche furbacchione, internet 2.0, la cui sostanziale differenza dall’internet 1.0 è aver dato nuova profondità alla domanda: “e chi se ne frega?”.
Prima tutti accettavano il web così com’era, senza alcun imbarazzo; come quando l’amico più intelligente che avete vi ha regalato la torre di Pisa fosforescente segnatempo – che importa domandarsi chi dei due è più fesso?
Era una internet per lo più grezza e pasticciona come ancora potete trovarne in giro; ognuno ne faceva un uso improprio, però si capiva subito in quale considerazione teneva le cose che voleva comunicare: nessuna.
Perché mettersi su internet? “È una vetrina”, ti sentivi rispondere – ecco perché molti siti avevano, più che altro, l’aspetto di una saracinesca sfondata.
Per pudore, non leggerei mai le paginette del diario privato di una dodicenne ai primi turbamenti.
L’ho fatto alla grandissima su internet, incontrando lo stesso genere sfumato di tenerezze e coccolinerie che immaginavo.
Ricordo uno sfondo nero come l’anima di un Minipony, le immagini rubacchiate più qualche disegno onirico dai risvolti vagamente sessuali; il testo, illeggibile, rosa intenso su fondo violetto; foto disturbanti, scattate probabilmente da alcuni ipovedenti e per finire l’animazione della maledetta letterina che si piega da sola e si spedisce e si ripiega e si rispedisce e così all’infinito – una volta l’ho fissata per tanto di quel tempo che il pc ha preso fuoco.
Eppure, quello è uno dei dieci siti che terrei da parte, a futura memoria, poiché ci rende qualcosa che la nuova internet neanche si sogna di portarci via: la sincerità!
E capirai.
Sui grandi schermi è arrivata di recente la storia dell’inventore di FB: un giovane timido, genio talentuoso che da una intuizione… Che balle.
Mi sono addormentato di schianto e il brutto è che a Zucke la cosa è arrivata alle orecchie e… insomma, dove c’era la mia pagina FB adesso hanno messo il segnale orario.