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La nostalgia è una cosa che può avere anche contorni piacevoli; è che bisogna usarla con moderazione, soprattutto se siete di quelli che, i propri malinconici rimpianti, piace raccontarli agli altri.
Ho offeso a alta voce un tizio che ascoltavo ieri, alla radio – a questo serve la tecnologia: permettere di offendere chiunque, dovunque sia – perché stava ricordando, con un po’ troppa nostalgia, quando la tv era in bianco e nero e aveva un solo canale che trasmetteva per un paio d’ore al giorno.
Il genere di ricordo che fa venir voglia di mandare una scatola di cioccolatini a Berlusconi.
Puoi rimpiangere la spensieratezza dei vent’anni, i piatti che ti faceva mamma, ma puoi paragonare gli albori della TV con il 3D-HD solo se sei irragionevole – e fesso.
Con un po’ più di nostalgia canaglia, finiremo per parlar bene del monoscopio e del segnale di fase.
Naturalmente è sottinteso che si parli della “qualità” delle cose – dentro e fuori le “cose” – di un tempo: «un elettrodomestico durava vent’anni!» – è proprio vero – ma non si considera mai che la tecnologia si muove pari passo alla necessità che uno ha nell’usarla, indipendentemente da cosa gli serve.
Se parliamo della televisione, il vero cambiamento è stato tra la TV in bianco e nero e quella a colori; dopo non c’è stato che un affinamento delle immagini, della ricezione, della grandezza degli schermi, dell’audio e, naturalmente, l’avvento del telecomando: «quando si litigava per chi dovesse alzarsi a cambiare programma!»; me lo ricordo, sì, ero io.
Ma non dovevo alzarmi spesso da terra, dove stavo di solito mentre giocavo: con due canali cosa volevi vedere? Ecco allora la nostalgia del “dentro le cose”: «ah, la serietà delle trasmissioni, allora!»
Oggi non guarderesti un dibattito dove due persone, con in mezzo un moderatore, in un ambiente da film espressionista russo, stan seduti a parlare, per più di quindici secondi: «perché ci si concentrava solo sulle parole, le idee erano importanti!» – per quello abbiamo avuto quarant’anni di Democrazia Cristiana?
Parliamo della cultura che allora attraversava la scena televisiva: Moravia, Pasolini intervistato da Biagi… una volta ho sentito Ungaretti raccontare della poesia! E oggi?
Oggi anche la cultura è argomento di nostalgiche riflessioni ma la colpa non è di nessuno in particolare: mettiamola così, poiché a darci il male di tutto, conoscendoci, piglierebbe un magone che non finisce più.
Anzi, da che esiste l’età della Visione forse, qualcosa di sensato da queste rimembranze possiamo pure trarne: invece di essere benevolenti verso il passato, per come lo abbiamo conosciuto – e per come ce lo hanno propinato – potremmo essere più obiettivi sul presente, smarcandoci dal senso storico.
Sì, perché può anche darsi che a fare la Storia siamo noi ma pure le cose – gli oggetti che produciamo – hanno la loro intrinseca responsabilità e capito che, ieri come oggi, più che “farla” noi, la Storia la subiamo e che oggi, diversamente da ieri, possiamo almeno scegliere come fruirne, dove e in quale misura, tutto considerato, un bel giorno potremmo riuscire a parlarne come di qualcosa di cui non abbiamo proprio più nessuna nostalgia!