il Bestiario Moderno • V •

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Lo Scarmarùfiatt, coevo dell'”om pelos” trentino, dell'”om salvàrech” bellunese, dell'”om salvädag” piacentino, dell'”omo salvatico” delle province lucchesi, nonché parente stretto dell'”om irsù” o “om pelù”, del “grosse barbòn” dell’alto piemonte e dell'”Arruffamatt” del triveneto.

il Bestiario Moderno: lo Scarmarùfiatt

È chiaro che qui stiamo parlando di figura leggendaria tanto quanto lo Yeti dell’Everest, pur senza tutto quel corollario di avvistamenti e smentite dalla facile creduloneria popolare.

Infatti, del nostro S. tutto si conosce e, per certo, la sua residenza quantomai urbana e integrata.

Da tempo infatti, lo si può vedere tranquillamente a passeggio per le vie più eleganti delle città; metrosexual dalla vita sociale piuttosto agevole, lo S. si mostra perfettamente a suo agio e fuor di dubbio glabro.

Perché allora questa nomea di uomo grezzo e irsuto?

Nel 1810 il cronachista Perluccio, “esteta del mondo novo”, come ebbe a proclamarsi più volte a alta voce, tra le mura dei sanatori in cui era in visita, accenna una metamorfosi che non cessa di coinvolgerlo tutt’oggi: lo S. è sì uomo selvaggio delle foreste più intricate ma queste, vinte dall’avanzare della modernità, l’hanno lasciato denudato del suo habitat e quindi, niente di più naturale che privarsi anche del proprio vello.

Oggi lo S. ha preso il suo posto nella comunità, ovviamente senza bastone e corona di foglie sul capo a indicarlo re della natura, rimane padrone delle forze che scatena primordiale non più verso gli elementi, piuttosto contro aggeggi elettronici, offerte telefoniche, cibi destrutturati o suppellettili che non si capisce cosa sono: in una parola, tutte le cose che abbiano il male di evocargli la sua antica condizione di disadattato.

il Bestiario Moderno

Il Blattongulato. Eponimo di una civiltà dal movimento sempre più rapido, meccanico e automatica, il B., certamente inoffensivo quanto brutto e triste d’aspetto, lo troviamo vivere ai bordi delle carreggiate delle prime strade che fin dal medioevo in poi circondano le città, traversate dai continui trasporti di viandanti e merci.

il Bestiario Moderno: il Blattongulato

Esso si nutre degli scarti che i conducenti dei carri gli lanciano e in divenire, i postiglioni tireranno a bella posta contro, centrando spesso il B., data la mole e il suo incerto incedere.

Perché esso sia rappresentato con zampe ovunque attorno alla sua figura sul piano cartesiano e poco dimensionata non era di immediata comprensione fino a qualche tempo fa quando gli storici, rileggendo alcuni passi oscuri del Balengati, ricordato affettuosamente dalla povera gente come “poeta senza brache” nonché eminente sofista, si scopre che il B.:

“dalle dodici tozze zampe che s’intralciano tra loro,
a rincorrer per le rampe il damangiare buono,
s’incespica, finendo a levate gambe,
lungodisteso sotto ruote di birocci e carri entrambe,
affritellato e offeso, che non pare un pomidoro”.

È di questi tempi la rivalutazione del B. fantastico, come apotropaico arcaico di colui che “riuscire non sta col passo ai tempi”, pur aggrappandosi con unghie, s’abbruttisce e accetta infine qualunque cosa lo faccia sentire meno allontanato.

Il moderno B. accetta di buon grado le inezie che persone più informate e adeguate gli gettano: egli vi si avvinghia senza discernimento, appiattendovisi sopra, dandosi agitato come una blatta d’improvviso sotto la luce.

il Bestiario Moderno

L’Insipidispido. Altra figura tipica dell’ottocento fantastico che si riflette in qualche misura sul moderno novecento.

il Bestiario Moderno: l'Insipidispido

Anzitutto, come rileva il Giudone, ottimo esteta e ultimo critico della moda post-vittoriana, l’I. “ha una eleganza ricercata e inusuale per antonomasia” – così almeno questo pensava lui.

In verità, l’I. col suo completo d’istrice, non era molto amato in società e nei luoghi necessariamente ristretti come: ridotto di teatri o pensiline dei tram.

Se aggiungiamo il cappellino a celare un bizzarro corno ritorto, come la sventura popolare gli ha fornito e per il quale l’I. non fa molto per nasconderlo – anzi, nelle immagini dov’è rappresentato lo si vede proprio indicare – ecco che otteniamo una rappresentazione mitologica intrigante e, al contempo, di lucido imbarazzo.

Ne ricama una solfa, sorprendentemente, proprio il Fuliccine nel suo “Devitantes familia celebrationes”, testo del primo 600 che i nostri lettori hanno imparato a apprezzare nella nostra breve rubrica, tanto se non più di quanto, i suoi lettori l’han detestato in vita.

Egli, nel capitolo dedicato al riordino coatto di armadi e cassapanche di casa, ritrova probabilmente un prodromo dell’I.: quest’abito irritante, appartenuto a un lontano parente non collocabile, e subito – va da sé – se ne innamora indossandolo.

Tosto, nella sua narrazione, diventa evidente l’allegoria dell’uomo che preferisce non aver nulla da spartire cogli altri perché null’altro ha: «Vestire i panni dell’I. prima che qualcuno te li cucia addosso» sbotta a questo punto, illuminante, il Nostro, conoscendosi bene, aggiungiamo noi.

Or tutto appare così chiaro: rendersi disagevoli perché lo si è ma prima che chicchessia possa affermarlo par vero.
Ciò ha senza dubbio del patetico, specie se a dirlo è proprio il Fuliccine quando si verrà a sapere, in tempi recenti, che i parenti chiamati al camposanto per un’esumazione, stupiti ritroveranno la sua salma perfettamente conservata e con ancora indosso lo istesso completo.

Pubblicato da fridayonsaturday

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